LE TRACCE DEL RACCONTO

di Livia Compagnoni

 

Nelle opere che Adamo Modesto presenta alla Va MOSTRA D'ARTE "I MAESTRI DELL' XI°" si può rilevare una certa misura di utopia, anche quando la molla che fa scattare il meccanismo della invenzione appare immerso in elementi quotidiani.

Le “città” che egli costruisce, utilizzando sottili cartoni resi poi simili a lamina di bronzo satinato, suggeriscono l’idea che vogliano rappresentare il desiderio utopico di controllare la tecnologia e  riabilitarla in un gioco di specchi che moltiplicandosi su un modulo può costruire il miraggio di una metropoli. Il modulo, che l’artista elabora, è dato da una “griglia” attraverso cui traguardare l’immagine della città.

Sempre uguale a se stesso, il segno varia all’infinito nelle proprie combinazioni con se stesso, perché il mutare posizioni e rapporti è la condizione per sfuggire alla forma statica, esaltando l’inesauribile senso della varietà. Instancabile ricercatore di forme,  Modesto, costruisce le sue opere secondo il dinamico asse diagonale, sviluppando e precisando l’infinita casistica del rapporto pieno-vuoto, luce-ombra. In queste realizzazioni l’artista mette in rilievo il lato psicologico dell’oggetto visto da angolazioni visive che rafforzano e accentuano lo sguardo d’insieme; la diagonale sembra indicare un rapporto acquisito tra tensioni opposte, come accade in geometria quando i vettori trovano una loro “risultante”.

Modesto usa la carta da imballaggio in modo da valorizzare o negare le caratteristiche di questo materiale, scegliendo un approccio materialistico ma anche onirico, che rievoca il “piccolo tessuto” degli agglomerati urbani e gli arcipelaghi metropolitani di oggi. La sensazione più persistente davanti a queste opere recenti è che esse si sviluppano tutte dentro una “gabbia” che contiene suburbi informi di grandi città oppure tracce di muri traforati da aperture. Tutta la casistica di segni fantastici, che costituisce la base delle sue architetture, si direbbe destinata a tradurre in simboli le immagini delle cose reali: sia esso un palazzo o il sogno di un palazzo, e ricordano un mondo di leggeri trapani dentro l’essenza delle cose, quasi ad estrarre l’ignoto per trasformarlo in materia cognitiva.